La Convenzione 15 anni dopo: quel che si è fatto e quel che resta da fare

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Tutti gli aspetti teorici e pratici che hanno ispirato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, a 15 anni dalla sua approvazione, sono stati approfonditi nel corso di un recente evento, considerando gli effetti positivi e ciò che invece manca ancora per l’effettiva applicazione di quello che è stato il primo atto normativo che ha consacrato i diritti delle persone con disabilità come diritti umani, da tutelare sempre e comunque. È accaduto a Torino, a cura dell’Associazione Abilitando, che ha potuto avvalersi della partecipazione di alcuni autorevoli esperti del settore

15 anni dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità: questo il titolo dell’edizione 2021 del convegno organizzato annualmente dall’Associazione torinese Abilitando (Dove la tecnologia incontra la disabilità), svoltosi qualche settimana fa in modalità mista, sia online che in presenza, presso la Sala Conferenze Reale Mutua di Torino [se ne legga anche la nostra ampia presentazione a questo link, N.d.R.].
Abilitando, infatti, organizza da diversi  anni eventi sulle tematiche più attuali che impattano sulla disabilità e l’edizione di quest’anno è stata coordinata da Haydée Longo, avvocata, fondatrice di Lex4All.com e da Mauro Buzzi, socio fondatore della stessa Abilitando e presidente della FEDMAN (Federazione Disability Management).
Tra i relatori si sono alternati noti esperti del settore, come Vincenzo Falabella, presidente Nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, Franco Lepore, avvocato, già disability manager del Comune di Torino e dirigente dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechio e degli Ipovedenti), Nannerel Fiano, assegnista di ricerca all’Università Statale di Milano, Anna Revello di Reale LAB e Luca Rossin, segretario del Comitato Operativo di Reale Foundation.

I diversi aspetti teorici e pratici che hanno ispirato la Convenzione ONU, nei cinquanta articoli che la compongono, sono stati approfonditi nel corso dell’evento, considerando gli effetti positivi e ciò che invece manca ancora per l’effettiva applicazione di quello che è stato il primo atto normativo (ratificato dall’Italia con la Legge 18 del 2009) che ha consacrato i diritti delle persone con disabilità come diritti umani, da tutelare sempre e comunque. «Un passaggio fondamentale per l’introduzione di diritti che altrimenti non sarebbero arrivati a livello istituzionale degli Stati aderenti», ha affermato Haydèe Longo.
In particolare, nella Convenzione è stato introdotto il concetto di inclusione, in contrapposizione a quello di integrazione, ovvero progettare pensando alle persone con disabilità, non facendo in modo che queste vi si debbano adattare a posteriori, ed è stato introdotto il cosiddetto modello bio-psico-sociale delle condizioni delle persone con disabilità, non più legate al loro stato fisico, ma all’ambiente circostante.
Intervenuto durante la parte introduttiva del convegno di Torino, Lepore ha approfondito proprio quest’ultimo aspetto, affermando che il contesto può fare la differenza: un contesto favorevole può aiutare e dunque favorire, ma se è sfavorevole può danneggiare e dunque sfavorire. Ha concluso quindi con una frase emblematica: «Le persone con disabilità sono una parte del mondo e non un mondo a parte».

Dal canto suo Falabella ha ripercorso l’excursus storico della Convenzione, e ricordato il cammino difficile ma necessario che le persone e i movimenti  hanno percorso, in particolare attraverso un interlocutore autorevole quale la Federazione FISH, alla quale aderiscono  oltre quaranta Associazioni sia nazionali che regionali, di persone con diverse disabilità. «Prima arriva la persona e poi la sua disabilità – ha affermato  Falabella – un cambiamento culturale, questo, che in Italia non era scontato. Il nostro sistema di welfare era poggiato sulla protezione e sull’aspetto risarcitorio, ma il movimento associativo era pronto e maturo per cercare il cambiamento; oggi, subito dopo la Carta Costituzionale c’è la Convenzione ONU per rivendicare i diritti umani».
Il Presidente della FISH ha quindi sottolineato l’importante differenza tra il programma di azione e il piano di azione: le riforme non possono essere fatte a costo zero e il problema è che ad un programma di azione deve seguire un piano d’azione, stanziando le risorse opportune. «Purtroppo – ha concluso – durante la pandemia il  welfare risarcitorio ha fatto sentire tutto il suo limite e il Terzo Settore ha dovuto far fronte alle necessità delle persone con disabilità, sostituendosi in molti casi alle Istituzioni».

Il tema del welfare è stato ripreso da Giampiero Griffo, che lo ha approfondito sia a livello di organizzazione mondiale, citando DPI (Disabled Peopoles’ International), sia di Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, organismi di cui è parte attiva.
«Durante il periodo della pandemia – ha dichiarato – la stessa Commissaria Europea che si occupa di disabilità ha affermato che le persone con disabilità hanno subito un carico spropositato e ha condannato come violazione dei diritti umani la scelta del triage adottato, ovvero dell’esclusione dalle terapie urgenti delle persone anziane e di quelle con disabilità: ma il triage non va fatto sulle categorie di persone, bensì sulle loro condizioni cliniche!».
Griffo ha elencato quindi le molte criticità emerse durante la pandemia: i servizi di emergenza poco attenti, l’elevato numero di morti (41%) e addirittura di stupri tra i residenti nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistite), la mancanza di interventi domiciliari, ciò che ha demandato il carico alle famiglie, il fallimento della didattica scolastica a distanza, quasi impossibile per molte persone con disabilità intellettive.
Riprendendo infine il concetto del fattore bio-psico-sociale introdotto dalla Convenzione ONU, che è legato ai diritti umani, Griffo ha affermato l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute prodotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanitàò, attualmente non tiene conto dei fattori culturali e comunque non è legata ai diritti umani.

Altro importante concetto notoriamente introdotto dalla Convenzione ONU è quello dei cosiddetti “accomodamenti ragionevoli”, ovvero tutti quegli adattamenti, procedure personalizzate, modifiche hardware e/o software ecc., che con una spesa non spropositata consentono di abbattere una barriera e dunque di ridurre l’handicap. A tale scopo, la ministra per le Disabilità Erika Stefani ha istituito un gruppo di lavoro per progetti personalizzati a favore delle persone con disabilità, attraverso un budget di progetto che fa utilizzare tutte le risorse possibili per le persone stesso. Su tale tema Griffo ha assicurato che l’Osservatorio ne monitorerà l’iter, facendo in modo che si decida insieme alla persona, o a chi la rappresenta, quali accorgimenti ragionevoli adottare.
«Anche la nostra Federazione ha dichiarato il presidente della FEDMAN Buzzi – è impegnata fortemente su questi temi e in particolare sta realizzando un portale sugli accomodamenti ragionevoli, lavorando istituzionalmente affinché venga ben definita la figura del disability manager quale punto di riferimento per l’inclusione lavorativa e sociale delle persone con disabilità».

Sono stati poi approfonditi i temi dell’intersezionalità e della doppia discriminazione delle donne con disabilità da Nannerel Fiano, con un intervento sul tema Importanza della Convenzione ONU e le discriminazioni multiple. In particolare la ricercatrice ha illustrato come diverse caratteristiche che si intersecano possano portare a discriminazioni multiple. Per fare qualche esempio, alcuni segmenti di donne presentano rischi di violenza maggiori di altre, tra cui le donne separate, divorziate, giovani e con disabilità.
Di tali problematiche si sta ampiamente occupando anche un gruppo di lavoro composto da donne afferenti alla FISH e, anche alla luce di quanto purtroppo accade quotidianamente, finalmente si stanno dedicando studi approfonditi nel diritto costituzionale e si sta prestando attenzione a livello legislativo ai temi della doppia discriminazione e dell’intersezionalità.

Durante il convegno sono stati trattati anche gli aspetti relativi agli ausili tecnologici, con Antonello Magaletti, Apple Distinguished Educator, Education Business Development Manager di C&C, partner tecnologico del Convegno, che ha mostrato con interessanti video e immagini le possibilità offerte dalla tecnologia pensata per tutti, fin dall’infanzia, e come sia importante la formazione tanto degli alunni/alunne quanto dei docenti, in modo particolare di quelli di sostegno.
Con la competenza nel campo della formazione che lo contraddistingue, Magaletti ha mostrato che tutti i dispositivi Apple hanno tra le impostazioni di accessibilità oltre 150 funzioni che li rendono compensativi e dispensativi, a seconda delle diversità e necessità: vi sono infatti funzioni di voce, ingrandimenti, mobilità, rallentamento e udito, come ausili a disabilità quali la cecità, l’ipovisione, la sordità, la disabilità agli arti superiori, i problemi cognitivi e intellettivi, l’autismo e la dislessia. Purtroppo, durante la didattica a distanza e la didattica digitale integrata, si è perso il 23% degli studenti con disabilità, per motivazioni diverse, come la mancanza di connessione internet, postazioni informatiche scolastiche inadeguate, ma soprattutto la fornitura di dispositivi senza alcuna formazione sull’utilizzo.

A concludere il convegno sono stati gli interventi di Anna Revello e Luca Rossin di Innovability – Reale LAB, partner dell’incontro, insieme all’Associazione Utensilia, che hanno illustrato le iniziative e i progetti continuativi di questa edizione di Abilitando 2021.
Iniziative sia nazionali che internazionali, quelle di Reale LAB sono fondate da quasi duecento anni fonda su principi di innovazione, quali valore del codice etico, sostenibilità e mutualità; e si lavora su numerosi progetti di inclusione, per colmare un gap non solo rispetto alla disabilità, ma anche di lingua e di etnia. Tra alcuni esempi pratici, la formazione e l’inclusione lavorativa di persone rifugiate (alcune presenti in sala durante il convegno). Nonché il Museo di Reale Mutua, mostrato durante la pausa pranzo, totalmente accessibile e gestito da una dipendente con disabilità visiva.
Reale Mutua, inoltre, crede molto anche nella ricerca scientifica: qui Rossin ha specificato in particolare come alcuni progetti studino aspetti della genetica e della medicina predittiva, per poter prevenire le malattie croniche che possono portare a disabilità.

Delegata per le tematiche ICT (Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione) per l’ADV (Associazione Disabili Visivi), consigliere direttivo della FEDMAN (Federazione Disability Management). Il presente contributo è già apparso nella testata telematica dell’ADV «Notizieaccessibili.it» e nella pagina LinkedIn della FEDMAN. Viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

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