Da vent'anni l'associazione milanese lavora per promuovere il diritto al gioco per i bambini con disabilità. Questa esperienza è stata condensata nel volume "La ludotecnica inclusiva"
Fin dalla sua fondazione, L’abilità ha creduto nel diritto al gioco per i bambini con disabilità, nella necessità di migliorare la loro qualità di vita mettendo al centro la partecipazione di ogni bambino (indipendentemente dal livello di compromissione) e il piacere di un’esperienza ludica condivisa. Per questo motivo l’associazione ha dato vita, agli inizi degli 2000, allo Spazio gioco: un luogo che ha accolto più di 200 bambini e bambine con diverse tipologie di disabilità di età compresa tra i 2 e gli 11 anni. Un luogo dove innanzitutto i bambini si possono divertire. Un diritto affermato dalle principali convenzioni internazionali -da quella per i Diritti dell’infanzia a quella per i Diritti delle persone con disabilità- ma di cui spesso ci si dimentica.
Nello Spazio gioco, ogni settimana 80 bambini imparano a giocare e a divertirsi. Sono centinaia quelli che sono passati nei suoi spazi in questi vent’anni (e più) di attività: un periodo lunghissimo in cui lo Spazio gioco ha costruito saperi e relazioni con neuropsichiatri, terapisti, insegnanti, educatori e prima di tutto con i genitori dei bambini. Tutto questo bagaglio di esperienza e di conoscenza è confluito nel libro “La Ludotecnica inclusiva. Giocare con i bambini con disabilità come metodologia educativa” (FrancoAngeli) curato da Carlo Riva (direttore di L’abilità) ed Elisa Rossoni (coordinatrice dello Spazio gioco) che ha come obiettivo proprio quello di rendere noto e documentare come il lavoro svolto ogni giorno allo Spazio Gioco sia frutto di pensiero, studio, ricerca, esperienza, azione.
“Dopo tutti questi anni di attività abbiamo deciso di dare una cornice teorica al nostro lavoro -spiega Carlo Riva-. Grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi Milano-Bicocca abbiamo avviato una ricerca che è durata tre anni e a fine 2021 abbiamo validato il nostro metodo. I ricercatori sono entrati nei nostri spazi per andare a vedere che cosa succedeva e in che modo la nostra modalità di gioco si differenziava dall’ambito riabilitativo: quello dello Spazio gioco non è terapia, è contesto educativo”. Molto spesso, infatti, per i bambini con disabilità il gioco rappresenta una delle principali modalità attraverso cui è possibile portare avanti attività riabilitative o di sviluppo cognitivo. Il confine tra le due attività può essere molto labile ma nello Spazio gioco il fine ultimo è il divertimento.
“Tutti i bambini giocano. Quando non lo fanno significa che c’è qualcosa che non va, che stanno male -spiega Riva-. Per alcuni bambini con disabilità può essere difficile farlo e molti genitori ci dicono: ‘Mio figlio non sa giocare’. L’esperienza dello Spazio gioco, che abbiamo condiviso nel libro, è che imparare a giocare è possibile. Innanzitutto, bisogna mettere al centro il bambino e farsi dire da lui quale gioco gli piace e sulla base di queste preferenze gli educatori lavorano per allargare gli orizzonti di gioco, uscendo dalla monotonia di un gioco stereotipato per allargare a più giochi possibili”. Un gioco che non deve restare all’interno degli spazi dell’associazione ma deve essere sempre più condiviso, allargato e generalizzato a famiglia, ai fratelli, alla scuola.
Il libro “La Ludotecnica inclusiva” racconta il metodo educativo ludico messo in pratica in questi anni da L’abilità, i suoi principi teorici, la sua validazione. E che consente al bambino con disabilità di poter giocare grazie a strategie e tecniche da mettere in atto seguendo le linee guida raccontate nel libro.
ANFFAS LOMBARDIA ETS
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