Spesso si parla di spettro, di disturbo, di diagnosi, di funzionamento e di terapie. Dimenticando che prima di tutto ci sono persone, spesso giovani, con il loro bagaglio unico e peculiare di desideri, speranze e anche modi di essere che travalicano qualsiasi ventaglio, spettro o disabilità intellettiva. Loro e i loro genitori. Qui, oggi, raccontiamo quattro storie di figli e di madri.
Esiste un vasto mondo di sogni, aspirazioni e sentimenti che nessuna diagnosi, qualunque essa sia, può definire e men che meno imbrigliare, e questo vale anche per l’autismo. Si parla spesso delle caratteristiche del disturbo, di funzionamenti - con distinzioni tra alto e basso, quasi si trattasse di elettrodomestici - di interventi e terapie, dimenticando che la persona viene prima di tutto sempre.
La diagnosi diventa allora spesso un guscio di stereotipi che assorbe il resto facendo dimenticare il bagaglio unico e peculiare di desideri, speranze e anche modi di essere che travalicano qualsiasi ventaglio, spettro o disabilità intellettiva. Qualunque corteo di nomenclature risulterà sempre riduttivo rispetto all’immensità del vissuto e del potenziale dell’essere umano. Partiamo proprio da questa premessa per dare voce a chi di fatto ce l’ha in capitolo, vivendo la condizione direttamente, ossia le persone con autismo e i loro genitori, che condividono la battaglia quotidiana per la tutela dei diritti. Per ogni intervista è stata adottata la modalità preferita dalle persone coinvolte. Al centro restano le storie di giovani uomini e di giovani donne, di ciò che desiderano e di ciò che invece non vogliono, di muri da continuare ad abbattere e di percorsi da coltivare.
Oggi, nella Festa della mamma, vogliamo raccontare alcune storie di questi giovani, con le loro madri.
È una strada dove fatiche e soddisfazioni si raccontano attraverso un prisma di esperienze vissute in prima persona: questa la storia di Luca, 26 anni e una forte passione per la natura e gli animali, e sua mamma Barbara. In comune hanno tante cose, soprattutto la dolcezza del sorriso e la schiettezza che arriva dritta al punto.
«La disabilità che presenta il proprio figlio richiede un impegno continuo ma la fatica più grande è data dalla frammentarietà dei servizi», racconta Barbara senza mezzi termini, «manca una progettazione a lungo termine, spesso le soluzioni te le devi andare a cercare e persino inventare, al contempo occorre impegnarsi per far dialogare tutti gli attori in campo: un'impresa titanica!». E aggiunge: «Siamo sempre impegnati a cercare fondi per dare vita a qualcosa di utile e non preconfezionato. Sono grata all’associazione “Una mano per…” di Voghera (Pv) che ha reso possibile progetti valorizzanti per Luca, supportandoci in tutte le fasi», evidenzia Barbara.
Rispetto a ciò che manca di più sul fronte inclusione delle persone con autismo, Barbara afferma: «Non ci sono soluzioni individualizzate e si fa di tutta l’erba un fascio. L’altro aspetto che incide negativamente è il fatto che spesso gli interlocutori di vari ambiti si fermino all'apparenza senza scoprire la complessità e la ricchezza dell'individuo». Una ricchezza che non può essere recisa né imbrigliata da una diagnosi.
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Barbara ci porta un esempio: «Una sera ero al pub con Luca ed ero affascinata nell’ascoltare le sue disamine sul calcio. Io di calcio praticamente non ne so nulla mentre lui mi raccontava vari aspetti con un linguaggio appropriato e forbito. Allora gli ho detto: “Ti piace proprio parlare di calcio…", e lui: " Sì, mi piace spiegarti quello che non conosci». «Non dev’essere facile per te avere a che fare tutti i giorni con persone che pensano che non capisci", ho aggiunto io. Luca mi ha risposto: «Sì, lo è, e capita spesso». E proprio con Luca prosegue l’intervista. Diretto e puntuale, sceglie di rispondermi tramite messaggi e vocali, facendomi scoprire un po’ dei suoi sogni.
Qual è la cosa che ti dà più soddisfazione tra quelle che fai? Luca non ha dubbi: “Sicuramente gli Orti sociali di Voghera ed Elilu, dove mi sento a casa. Mi piace stare in fattoria e mi piace curare gli animali, dare loro da mangiare”.
Gli “Orti sociali di Voghera” ed Elilu sono le realtà dove Luca ha fatto esperienza e messo a frutto le sue passioni. Qual è invece la cosa che ti fa più arrabbiare? «Quello che dicono gli altri quando ti parlano sopra». Come non essere d’accordo? Luca mi concede infine di aprire un cassetto prezioso, quello che si affaccia sul futuro e sui sogni, attraverso la domanda: che cosa ti piacerebbe fare di lavoro? «Il barista, da sempre», risponde sicuro, «vorrei sia preparare da mangiare che accogliere i clienti».
Un sogno che non aspetta altro che essere coltivato.
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