La rete di associazioni attive nell'ambito di Monza e Desio lavora da anni per promuovere l'inclusione delle persone con disabilità anche attraverso lo sport. Partendo sempre dai desideri del singolo
Rendere le comunità più accoglienti e inclusive nei confronti delle persone con fragilità, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione alle progettazioni di numerose realtà dei territori, dei cittadini e dei destinatari. È l’obiettivo della Rete TikiTaka, una realtà a cui aderiscono oltre trenta realtà tra associazioni, cooperative e istituzioni operative negli ambiti di Monza e di Desio e di altri territori della provincia. In termini numerici coinvolge circa mille persone con disabilità, seimila alunni delle scuole elementari e medie, 830 famiglie, 12 Comuni e oltre 250 volontari.
“La Rete rappresenta l’evoluzione del progetto ‘TikiTaka - Equiliberi di essere’, avviato nel 2017 nell’ambito del bando ‘Welfare in azione’ di Fondazione Cariplo. Abbiamo deciso di non disperdere il patrimonio accumulato in quegli anni e abbiamo deciso di continuare a lavorare insieme. L’obiettivo iniziale era quello di valorizzare le persone con disabilità, ma poi si è evoluto nell’ambito di tutte le fragilità: lavoriamo molto con i bambini e gli adolescenti -spiega Simona Macchitella-. Questo sviluppo della rete è nato dal lavoro promosso dal nucleo strategico del Progetto in connessione con la Fondazione della Comunità di Monza e Brianza: ne sono scaturiti diversi sviluppi progettuali, che hanno portato all’avvio di tavoli tematici territoriali e alla costituzione di nuove sinergie all’interno delle comunità locali”.
Tra i tanti tavoli tematici, non poteva mancare quello dedicato allo sport e che ha preso il nome “Tutti in campo”. All’interno della Rete TikiTaka ci sono sia realtà che lavorano con persone con disabilità (dai centri diurni alle cooperative) sia quelle attive in ambito sportivo: le società e gli oratori. Amalgamare al meglio questi ingredienti è la sfida di Simone Argentin, operatore della cooperativa “Tre effe” e coordinatore del tavolo “Tutti in campo”: “Prima dello scoppio del Covid-19 siamo andati nelle scuole con dei laboratori di baskin, creando una connessione forte tra sport, disabilità e scuola. Abbiamo portato questo sport anche negli oratori -racconta-. Abbiamo proposto alle persone dei centri diurni la possibilità di fare attività sportiva all’esterno. Purtroppo la pandemia ci ha colpito proprio mentre stavamo raccogliendo i frutti di questa attività”.
Dopo il baskin è stata la volta del calcio integrato, che vede scendere in campo squadre formate da cinque atleti con disabilità e tre normodotati: “Un paio di squadre che orbitavano attorno a TikiTaka già lo praticavano, ma in pochissimo tempo il loro numero è aumentato: sono dieci le squadre che partecipano al campionato provinciale CSI 2022-2023 e metà afferiscono alla nostra rete. Abbiamo trovato società sportive che non hanno semplicemente accolto il team di calcio integrato, ma lo hanno valorizzato al pari delle altre squadre”.
Forte della competenza acquisita in questi anni, TikiTaka non solo collabora con il Comitato sportivo italiano (CSI) di Milano per la gestione del settore dello sport inclusivo ma anche per diffondere ulteriormente il movimento, coinvolgere nuove squadre e nuovi giocatori: “Abbiamo già tre-quattro nuovi team pronti a partire”, sottolinea con orgoglio Simone. Se ci sono volontà e interesse a dare il via a questa iniziativa, TikiTaka mette a disposizione le proprie competenze in modo da rispondere a tutte le domande, invita a partecipare agli allenamenti di calcio integrato e lavora per sfatare tutti gli alibi che possono frenare queste iniziative, anche creando connessioni e rete tra chi vorrebbe avviare una squadra di calcio integrato ma è alla ricerca dei giocatori e chi vorrebbe giocare ma non ha una squadra di riferimento.
“Il faro che ha guidato tutte le nostre azioni è sempre stato partire dai desideri delle persone con disabilità -riprende Simona Macchitella-. Che già fanno tantissime attività, ad esempio all’interno dei centri diurni, ma noi vogliamo offrire loro l’occasione di vivere un’esperienza di vita vera. Fare sport, certo, ma non solo. Vogliamo che vivano anche tutto quello che c’è attorno alla partita: andare a mangiare una pizza con i compagni di squadra senza gli educatori e i ‘soliti’ compagni del Cdd. Partecipare alla vita della società sportiva”.
Questo ha prodotto risultati sorprendenti perché, come spiega di nuovo Simone Argentin, il pallone è il modo più semplice per iniziare a dialogare: “Quello che chiediamo alle società è di far allenare le squadre di calcio integrato assieme a uno degli altri team almeno una o due volte al mese. Le persone con disabilità che abbiamo coinvolto non si limitano ad allenarsi, a giocare e ad assistere alle partite, ma alcuni di loro sono diventati anche aiuto-allenatori delle giovanili”.
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