Accolto il ricorso presentato dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi. Manfredi:"A otto anni dall'entrata in vigore della normativa nazionale, casi come questo non dovrebbero più essere possibili"
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (TAR) ha condannato il Comune di Cisliano, in provincia di Milano, per non aver rispettato la normativa regionale (legge Regione Lombardia n. 3 del 2008) e nazionale (Dpcm 159 del 2013) in materia di compartecipazione alla spesa dei servizi per le persone con disabilità. Il TAR ha infatti giudicato illegittimo il regolamento in base al quale il Comune di Cisliano aveva affermato di non poter farsi carico della retta dovuta alla struttura socio-sanitaria in cui viveva il signor R. -persona con disabilità in situazione di gravità- richiamandosi all’articolo 433 del codice civile che considera i parenti di primo grado come “soggetti obbligati agli alimenti”.
A fronte di questa situazione, S. fratello del signor R. (e suo amministratore di sostegno) si è rivolto al Centro antidiscriminazione e, successivamente, assistito dall’avvocato Franco Trebeschi ha fatto ricorso al TAR.
Il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità ha insistito sul fatto che il Comune di Cisliano non poteva indicare regole diverse da quelle dettate dalla normativa nazionale sull’Isee al fine di determinare la capacità economica dell’assistito e -di conseguenza- la quota di compartecipazione alla spesa. I legali, inoltre, hanno insistito sul fatto che era totalmente illegittimo far riferimento all’art 433 del codice civile come giustificazione per non far fronte alla compartecipazione alla spesa del servizio per R.
Casi come questo si sono ripetuti (purtroppo) frequentemente negli ultimi anni in diversi Comuni Lombardi: sebbene la normativa sia chiara, alle persone con disabilità viene ancora chiesto di presentare l’Isee ordinario invece dell’Isee ristretto per determinare i livelli di compartecipazione alla spesa. “Addirittura si fa riferimento al diritto agli alimenti, che sono prestazioni di assistenza materiale dovute per legge alla persona che si trova in stato di bisogno economico ma che sono un diritto personalissimo, intrasmissibile, irrinunciabile e azionabile solo dalla persone stessa, non dal Comune”, commenta Laura Abet, legale del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi
“Il testo della sentenza del TAR è estremamente chiaro -aggiunge l’avvocato Francesco Trebeschi-. Ancora una volta si afferma nettamente che i Comuni non possono discostarsi dalla normativa nazionale sull’Isee. E nel caso di questa sentenza è particolarmente significativo il fatto che il TAR abbia condannato il Comune anche al rimborso delle spese in giudizio a favore del ricorrente per un importo di 4mila euro. Proprio a voler segnare, diversamente dal passato, che ormai la giurisprudenza è univoca nel considerare tali questioni come evidente disapplicazione della normativa nazionale e come tale, sanzionabile non solo di dichiarazione di illegittimità ma anche non più passibile di compensazione delle spese, come invece con la PA spesso accade”.
“Sebbene siano passati quasi otto anni dall’entrata in vigore del Dpcm 159/2013 e molti Comuni siano stati condannati dal TAR Lombardia per non aver dato corretta attuazione alla normativa nazionale, il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi continua a ricevere segnalazioni di casi come quello del signor R. Le persone con disabilità e le loro famiglie sono costrette a rivolgersi ai tribunali per vedere riconosciuti i propri diritti -commenta Alessandro Manfredi, presidente di LEDHA-. I Comuni hanno avuto a loro disposizione tutto il tempo necessario a recepire le normative regionali e nazionali. Casi come quello di Cisliano non dovrebbero più essere possibili”.
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