"Avviare al più presto un percorso di ritorno alla normalità, soprattutto per quanto riguarda le visite dei familiari": il garante contatta gli assessori regionali per invitarli a monitorare. E sull'accreditamento chiede di "ridefinire i criteri": no alla "catena di montaggio" delle cure e rispetto della volontà delle persone ospitate.
Il Garante nazionale delle persone private della libertà ha incontrato le associazioni dei pazienti ricoverati nelle Residenze sanitarie per anziani (Rsa) per discutere, tra l'altro, delle limitazioni ancora vigenti alle visite dei parenti iniziate a seguito del diffondersi dell’epidemia da Covid-19. La delegazione era composta da Mauro Palma e Daniela de Robert, presidente e componente del Collegio del Garante nazionale, e Gilda Losito ed Enrica Vignaroli dell’Unità Privazione della libertà nell’ambito delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali dell’Ufficio del Garante.
Il Garante nazionale, si legge in una nota, "ha condotto negli ultimi due anni di pandemia numerose visite nelle Rsa rilevando una grande disomogeneità non solo tra le diverse regioni, ma anche all’interno dello stesso territorio regionale. Le direzioni sanitarie tendono spesso ad assumere decisioni ‘difensive’, riducendo al minimo le possibilità di contatto diretto tra le persone ospitate e i loro cari, in nome delle prevenzione della diffusione del virus. Occorre però ricordare che altrettanto importante è la tutela degli affetti e delle relazioni dei pazienti. Per questo il Garante nazionale ritiene necessario che si avvii al più presto un percorso di ritorno alla normalità, soprattutto per quanto riguarda le visite dei familiari".
In questa prospettiva, il Garante ha contattato gli assessori regionali competenti per invitarli a monitorare la situazione dell’apertura delle residenze alle visite e alle attività e a prendere in considerazione questo importante aspetto in fase di accreditamento delle strutture stesse.
Il Garante nazionale ritiene, infatti, che "vadano ridefiniti i criteri di accreditamento delle strutture che oggi sono fondati essenzialmente sul numero dei posti letto e sulla disponibilità di aree comuni". E spiega: "Un criterio che ha mostrato tutti i suoi limiti nella fase della pandemia, quando la vita delle persone ospitate è rimasta circoscritta alla stanza e spesso al solo letto al suo interno. Così come non è accettabile la determinazione del minutaggio massimo previsto di presenza dell’operatore presso ogni persona ospitata. Una modalità che non tiene conto delle diverse situazioni ed esigenze delle persone assistite a favore di una sorta di 'catena di montaggio' delle cure, più attenta all’ottimizzazione delle risorse, spesso insufficienti, che non alle reali necessità delle persone fragili a esse affidate". "Ultimo punto, - si legge - ma non per importanza, è il rispetto della volontà delle persone ospitate. Su questo aspetto, il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni non può essere un mero atto formale ma deve essere considerato un elemento centrale per la gestione delle persone in Rsa".
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