Le diverse sigle che rappresentano il privato sociale hanno scritto al Presidente Fontana chiedendo un incontro. Molto critico Astuti del PD: " Sono presidi fondamentali. È impensabile farle chiudere"
Il mondo delle RSA lombarde, le residenze socio sanitarie, è in subbuglio. Le parole dell’assessore al Welfare Guido Bertolaso “bisogna chiudere le Rsa, anzi si chiuderanno da sole”, pronunciate durante un discorso sul recuoero delle liste d’attesa, hanno messo in allarme i gestori del privato sociale e del privato che hanno letto nei giudizi dell’assessore un atteggiamento di chiusura.
Le diverse sigle che rappresentano le residenze per anziani e disabili hanno scritto al Presidente Fontana per ottenere un incontro urgente:
“Egregio Presidente Fontana,
con la presente, le sottoscriventi associazioni chiedono la cortesia istituzionale di essere ricevute da Lei ed essere ascoltate in merito alle recenti dichiarazioni dell’Assessore al Welfare Bertolaso, ampiamente riportate dai media lombardi e non solo, con cui si ventilava una più o meno prossima chiusura delle Rsa per un’implicita loro inefficacia.Facciamo presente che a marzo u.s. è stata approvata la legge di riforma dell’assistenza, un provvedimento atteso da 25 anni che potrebbe finalmente rappresentare la svolta per la presa in carico degli anziani non autosufficienti e il loro inserimento in una filiera funzionale lungo una rete di servizi, che parte dalla casa come primo luogo di cura e prosegue con l’erogazione di altri servizi, compresi quelli semiresidenziali e residenziali, ricorrendo a competenze e modelli organizzativi adatti ai crescenti profili di fragilità.
In base ai dati appena pubblicati in un report ISTAT al 1° gennaio 2022, i presidi residenziali attivi nel nostro Paese erano 12.576. L’offerta è stata di circa 414mila posti letto, sette ogni 1.000 persone residenti. A livello territoriale, l’offerta è maggiore nel Nord-est con 10 posti letto ogni 1.000 residenti, nel Sud del Paese è invece poco al di sopra di tre posti letto ogni 1.000 residenti e copre solo l’11% dei posti letto complessivi. Gli ospiti ammontano a 356.556, dei quali oltre tre su quattro sono anziani.
Nelle attività svolte in queste strutture i lavoratori impiegati sono più di 341mila, ai quali va sommata una componente di oltre 31.500 volontari e poco più di 4mila operatori del servizio civile.Qui in Lombardia le Residenze Sanitarie Assistenziali rappresentano una componente cruciale dell’offerta sociosanitaria e sono di grande supporto ai parenti, in quanto accolgono persone non assistibili e curabili a domicilio e risolvono in tale modo un livello di fatica del caregiving giunto a livelli insopportabili. Riteniamo essenziale un incontro con lei per presentare le nostre argomentazioni e far meglio conoscere il valore di un servizio residenziale, reso sempre più indispensabile dall’invecchiamento della popolazione e dalla crisi della famiglia e che può assumere un ruolo decisivo anche nella riforma della medicina territoriale. Inoltre sarà l’occasione anche per rappresentarle le nostre preoccupazioni in merito al futuro dell’intero sistema dei servizi sanitari e socio sanitari.
Uneba Lombardia e AGeSPI Lombardia, ANASTE Lombardia, AIOP Lombardia, ARIS Lombardia, ANFFAS Lombardia, ARLEA, Alleanza Cooperative Welfare Lombardia.
La posizione del privato sociale è di stupore dato il piano socio sanitario che, al momento, non evidenzia quale sia il percorso per la rivisitazione della sanità lombarda verso una nuova sanità territoriale adatta ad una popolazione più anziana e cronica
LUGA DEGANI DI UNEBA: “LA STAGIONE DEI PICCONI SI SPERAVA FOSSE FINITA”
«Il messaggio dell’assessore Bertolaso – dice il presidente di Uneba Lombardia Luca Degani – è l’ennesima stilettata che risulta davvero di difficile comprensione. Le rsa son da chiudere, i gettonisti non devono esistere, i pronto soccorso non funzionano, le liste di attesa sono troppo lunghe. Frasi apodittiche che sono la sommatoria delle sue ultime dichiarazioni.
Le rsa non sono né buon ne cattive. Noi gestori no profit per primi abbiamo accettato la sfida che fino a ieri ci era stata prospettata. Siamo diventati centri multiservizi, abbiamo sviluppato una filiera che parte dalla assistenza domiciliare, passa per servizi diurni e vede poi le rsa come strumento di tutela che oggi ha tempi di permanenza inferiori all’anno.
Accogliamo una popolazione che (meno male) oggi ha mediamente più di 85 anni con tre o più patologie croniche.
Persone per cui il domicilio è diventato un limite per la loro qualità di vita.
Persone che, non ci vergogniamo a dirlo, accompagniamo insieme alla famiglia nell’ultimo periodo della esistenza.
Ultimo ma non per questo senza qualità. A volte, spesso, svolgiamo la funzione di hospice e ancor più spesso rientriamo nel continuum successivo al ricovero ospedaliero. Il sistema sociosanitario per le fragilità è certamente da implementare.
La stagione dei picconi si sperava fosse finita».
SAMUELE ASTUTI PD: “IN LOMBARDIA 600.000 PERSONE CON LIMITATA AUTOSUFFICIENZA”
Sulla questione interviene anche il consigliere regionale del PD Samuele Astuti: «È semplicemente impensabile farle chiudere, perché si tratta di presidi fondamentali a livello sociale e territoriale dal momento che abbiamo in Regione più di 600.000 persone con limitata autosufficienza e un indice di vecchiaia nel 2022 che è pari a 177 (ossia “177 over 65 ogni 100 under 15”). Certo che bisogna ritardare il più possibile l’ingresso degli anziani in RSA attraverso la domiciliarità – prosegue Astuti – e l’auspicio è che si possano rafforzare queste misure coi fondi del PNRR, ma l’utenza attuale delle RSA presenta un quadro sanitario sempre più grave e compromesso al momento dell’arrivo, e le famiglie non possono farsi carico di persone non autosufficienti e con gravi demenze».
Astuti sollecita la Giunta regionale a investire a favore delle RSA e delle famiglie le annunciate risorse aggiuntive previste per il prossimo anno. «Capite bene- conclude Astuti- che la famosa piramide rovesciata di un invecchiamento sempre più continuo, necessiterà di maggiore cura e di maggiore assistenza, quindi anziché parlare di chiusura delle RSA dovremmo occuparci di come sostenere le famiglie che oggi si fanno carico di rette alte e di sostenere le RSA nello svolgimento del loro lavoro quotidiano».
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