Tra gennaio e giugno 2023 sono state emesse 304 pronunce dai tribunali civili, penali e (soprattutto) amministrativi. Scuola, accesso alle prestazioni sociosanitarie e caregiver i casi più frequenti
Nei primi sei mesi del 2023 sono state oltre 300 le pronunce giudiziarie, in campo civile, penale e amministrativo, con al centro il tema della disabilità. È quanto emerge dal primo report del progetto “Empowerment of persons with disabilities: innovative tools for the inclusion of people with disabilities”, iniziativa di ricerca che intende ovviare all’assenza di indicatori sull’attuazione della normativa antidiscriminatoria in sede giudiziaria e si pone l’obiettivo di costituire un Osservatorio giuridico permanente per un monitoraggio costante sulla giurisprudenza relativa alla condizione giuridica delle persone con disabilità.
Il gruppo di ricerca ha esaminato le decisioni dei giudici italiani (civili, penali e amministrative) tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2023. Il risultato è stato molto interessante e “per certi aspetti anche superiore alle aspettative che era lecito attendersi sulla base delle tendenze giurisprudenziali fino a oggi registrate dalla dottrina e dagli operatori del settore”, si legge nella ricerca.
“Il tema della disabilità, infatti, è stato preso in considerazione da oltre 300 pronunce. Un numero che ci dice come ogni giorno lavorativo del primo semestre del 2023 almeno due persone con disabilità hanno visto un loro diritto deciso da una pronuncia giudiziaria -commenta Giuseppe Arconzo, docente di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano e coordinatore del gruppo di ricerca-. Il dato è di particolare rilievo perché conferma l’idea che i diritti delle persone con disabilità non sono ignorati nell’attività dei giudici italiani, i quali vengono frequentemente chiamati a garantirne effettività nei casi concreti. Allo stesso tempo, però, proprio il numero delle pronunce intervenute in pochi mesi sembra rafforzare la convinzione che la normativa che riguarda le persone con disabilità incontra ancora oggi criticità e difficoltà sul piano applicativo”.
È importante però fare una precisazione, riguardo alla metodologia di ricerca adottata. Per identificare le sentenze sono stati interrogati i portali istituzionali delle autorità giudiziarie e delle banche giuridiche incrociando tecniche di ricerca e parole chiave differenti. Tuttavia, solo la giurisprudenza della Corte costituzionale, della giustizia amministrativa e della Corte di cassazione è presente in modo completo in queste banche dati, mentre tutta la giurisprudenza dei giudici di primo grado e di appello è oggetto di una previa selezione da parte di chi si occupa di aggiornare le banche dati stesse.
Le sentenze esaminate e commentate nel report sono raggruppate per aree tematiche, per agevolare l’individuazione dei profili di maggior interesse di ciascun intervento giudiziale: accessibilità, mobilità e trasporti; accesso alle prestazioni; caregiver; compartecipazione alle spese; lavoro; progetto di vita individuale; scuola; altre decisioni rilevanti, che riguardano temi come l’amministrazione di sostegno e la violenza nei confronti delle persone con disabilità. Infine, è presente un approfondimento sulla tutela antidiscriminatoria e l’applicazione della legge 67 del 2006 per verificare l’effettivo impiego di questo fondamentale strumento introdotto dal legislatore più di quindici anni fa per assicurare una tutela giudiziaria alle persone con disabilità vittime di discriminazione. La maggior parte dei pronunciamenti (circa 200) sono stati emessi dai giudici amministrativi.
La scuola, l’accesso alle prestazioni sociosanitarie e la posizione dei caregiver sono i tre ambiti con maggiori riscontri in termini quantitativi. Su 304 sentenze prese in esame il numero più consistente interessa ancora oggi il diritto allo studio: “Dall’esame delle sentenze emesse dai vari Tar -si legge nel report- emerge che i ricorsi vengono promossi nella quasi totalità dai casi con riferimento alla figura dell’insegnante di sostegno, di cui si richiede l’assegnazione per il numero di ore previste all’interno dei Pei o, talvolta, anche a copertura dell’intero orario scolastico per l’anno in corso e sino alla conclusione del ciclo di studi”.
“La giurisprudenza in materia è ormai da tempo ampiamente consolidata e davvero si fa fatica a capire come le istituzioni scolastiche e gli enti locali facciano così fatica ad osservare principi giuridici ormai granitici”, sottolinea Arconzo.
I pronunciamenti che hanno per oggetto l’accesso a prestazioni sanitarie assistenziali identificati nel report sono stati 49. Le decisioni più interessanti in questo ambito si possono suddividere in due filoni: una serie di ricorsi presentati per il mancato accesso o il mancato finanziamento al cosiddetto “assegno di cura” (misura prevista nelle regioni Campania, Puglia e Sicilia) e i ricorsi presentati per ottenere l’accesso, la prosecuzione e l’ampiamento del trattamento Aba (Appiled behaviour analysis). Per quanto riguarda i caregiver, invece, i 39 pronunciamenti hanno riguardato prevalentemente l’applicazione dei permessi sanciti dalla legge 104/92.
Ci sono poi alcuni pronunciamenti particolarmente rilevanti e che vengono sintetizzati nel report come l’ordinanza del Tribunale di Verona del 20 marzo 2023 che ha condannato per condotta discriminatoria nei confronti di una persona con disabilità gli organizzatori e i gestori dell’Arena di Verona che non avevano garantito la fruibilità di un concerto che si era svolto nell’anfiteatro. “La peculiarità di questa decisione si rinviene nel fatto che essa non ha censurato, come di solito avviene, l’impossibilità di entrare nella struttura, bensì l’impossibilità di poter guardare il palco su cui si esibivano gli artisti a causa della collocazione non idonee dei posti riservati alle persone che si muovono su sedia a rotelle”.
Infine, il rapporto evidenzia la scarsa incidenza della tutela antidiscriminatoria (legge 67/2006): solo 18 casi sui 304 individuati (prevalentemente legati ai temi dell’accessibilità e della scuola) sono stati incardinati con le forme peculiari previste dalla legge 67, con un’incidenza che si attesta attorno al 6%.
“Il ricorso al giudice è oggi uno strumento indispensabile per poter garantire i diritti delle persone con disabilità -si legge nelle conclusioni del report-. Se si tiene in considerazione, infine, il fatto che il ricorso al giudice non è ovviamente lo strumento cui tutte le persone con disabilità ricorrono o possono ricorrere, è fin troppo facile osservare che i diritti delle persone con disabilità, nonostante il riconoscimento legislativo, rimangono frequentemente affermati solo sulla carta”.
Il progetto è nato all’interno dello Spoke n. 6 del progetto del “Pnrr Musa - Multilayered urban sustainability action, che si concentra sul tema dell’inclusione con l’hub di ricerca sui diritti umani Human Hall. Il gruppo di ricerca (coordinato da Giuseppe Arconzo, docente di Diritto costituzionale presso il dipartimento di Diritto pubblico italiano e sovranazionale dell’Università degli Studi di Milano) è stato realizzato in collaborazione con LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità e con l’associazione Luca Coscioni. “La ricerca è particolarmente preziosa perché è volta a colmare la lacuna che caratterizza oggi la conoscenza dell’attuazione della normativa antidiscriminatoria in sede giudiziaria”, commenta Marilisa D’Amico, prorettrice alla Legalità, trasparenza e parità di diritti dell’Università Statale e co-coordinatrice dello Spoke n.6 di Musa.
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